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Alberto Zamboni:
"Appare"

dal 10.06.2016

Alberto Zamboni

C'è un mondo immaginario da scoprire e svelare, la luce coglie e avvolge particolari che emergono e appaiono come visioni, sogni.

Uccelli notturni, viaggiatori passeggeri di intrecci di rami, vengono raccontati con toni monocromi.

La notte poi l'alba, infine la luce.

Nella serie intitolata "Deep" si indagano pittoricamente fondali marini dove emergono meduse, pesci e forme non identificate. Sono sovrapposizioni di colori ad acqua che conferiscono una colorazione astratta omogenea alla tela, inizialmente grezza, che viene incollata parzialmente ad un supporto per dare maggiormente un'idea di leggerezza.

I cani sono intravisti e avvolti in un'atmosfera che corrode i contorni e ne sfuma i colori; cani vagabondi, sciolti, liberi nel tempo.

 
 
Lorenzo Guaia:
"(in)fusioni"

dal 13.05.2016 al 29.08.2016

Il tè è la bevanda più diffusa al mondo, con una storia millenaria alle spalle e le cui foglie, e lo stesso infuso, possono essere utilizzati per gli scopi più diversi. L’artista bolognese Lorenzo Guaia lo ha scelto come materia prima delle sue opere. I suoi lavori consistono in tavole di legno quadrate che egli riveste completamente di filtri di tè già utilizzati e quindi consumati, increspati e spiegazzati.

Lungo le pareti della galleria, lavori di piccole dimensioni danno vita a polittici dalle tonalità terrose – dagli ocra, ai verdi, ai marroni – che rimandano alle differenti varietà della bevanda. Alcune opere sono velate in tutto o in parte da uno strato costituito dallo stesso tessuto dei filtri di tè; in altre si scorgono striature di colore rosse o nere; in altre ancora, il supporto costituito dalle bustine diventa un tappeto tattile, morbido, aromatizzato e multicolore sul quale Guaia interviene con raffigurazioni iconiche e stilizzate di bianche tazze da tè.

Queste ultime sono marcate nettamente da grossi contorni neri o rossi e sono rappresentate sia piene e fumanti, sia vuote; capovolte o quasi speculari; sospese e fluttuanti sulla superficie rugosa e, nello stesso tempo, soffice dei filtri per dare vita a ritratti di momenti di vita quotidiani. Infine, sulla parete in fondo allo spazio espositivo, un’opera di grande formato nella quale vediamo un tavolino con appoggiate alcune tazze, due sedie e, in secondo piano, un albero lucido e nero, dalla quale affiora un’atmosfera silenziosa che rinvia a un ricordo e a un momento di riposo legato al piacere del tè.

 
 
Giovanni Battista Maria Falcone
"Sullo spazio costretto"

dal 13.05.2016 al 02.10.2016

Alberto Zamboni

Giovanni Battista Maria Falcone è, tra i grandi fotografi siciliani, uno dei più apprezzati dalla critica.

Basti, fra tutti, ricordare i nomi di Gillo Dorfles e di Arturo C. Quintavalle.

Le sue immagini, sospese e atemporali, desertiche e silenti, uguagliano la densità metafisica dei quadri di Giorgio De Chirico e di Felice Casorati. Delle sue mostre, due hanno segnato in modo ineguagliabile queste sue attitudini: la recentissima The Waste Land,ispirata ai versi di T. S. Eliot, e Dalla Sicilia a Malta.

Se compito dell'immagine è quello di rendere visibile una superficie, secondo la memorabile lezione di Susanne Langer, - i cieli e le architetture di Falcone, rievocano, ancor di più, a rendere visibile persino l'invisibile - come l'etere o il trascolorare di una nuvola, fra tenebre crescenti o in piena luce. 

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