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 Gaia Clerici 

(Milano, 1970). Attualmente frequentante l'accademia di Brera si occupa dal 2000 di opere in lana infeltrita secondo metodi arcaici. Incentra la sua ricerca sul “corpo -materia“ femminile coerentemente alle potenzialità espressive del materiale prescelto.

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Gaia Clerici con la collezione Wonderwool realizza corpi scultorei, volume plastici e materici in lana grezza. Non tesse, impasta. Rievoca con la pressione e il più arcaico degli intrecci, quando ancora non c’erano telai, fusi e arcolai, la pratica più primordiale di ricavare protezione, copertura, indumento o giaciglio da una fibra. 

In Bianca Mater si vede la materia prima della lana appena tosata, nella sua informe sofficità di tenerissimo groviglio, strutturarsi verticalmente, in senso antigravitazionale, in compattezze e striature, rilievi serpenti nati e addensamenti di colori leggermente più carichi dell’insieme. 

L’immagine, oltre che scultorea, si fa superficie pittorica astratta. La lana, che coniuga tatto e vista in un riconoscimento immediato, accoglie maternamente una contraddizione sensibile: alla policromia sfumata di colori freddi, contrappone calore promesso, garantito, conosciuto, ricordato. 

In Fiat Fiber si ammirano cordami che elegantemente scendono in frange su una superficie scavata a tratti da piccoli vuoti. È un ricamo di vuoto e di pieno, di trucioli lanosi, convessità, concavità. Con le sue marezzature di grigio e di beige, l’arazzo ricorda la pietra, ora granitica ora calcarea, ma ancora una volta, durezza e morbidezza, freddezza e tepore, sono con-vocati, chiamati insieme, dall’opera.

Clerici ha modellato con le mani, il più straordinario dei nostri strumenti che fa di noi un animale essenzialmente tecnico, sagome antropomorfe simili alle Veneri paleolitiche. Grandi ventri a ospitare la vita che si rinnova, grandi seni a nutrire, come solo gli dei potrebbero: senza la fatica di cacciare, né di raccogliere. 

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