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OLTRE L'ORIZZONTE
Tatsunori Kano

dal 02.12.2016 al 16.01.2017

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In occasione dei 150 anni di rapporti diplomatici tra Giappone e Italia, dal 2 dicembre fino al 16 gennaio la mostra "Oltre l'Orizzonte" celebra, attraverso le opere di Tatsunori Kano, la fusione e culturale e artistica dei due paesi.
Scrive di lui Cieko Akino:
"La lontananza continua del pittore - che tuttora vive e lavora in Italia - dal proprio paese ha acuito la sua sensibilità d'artista, estendendo e dilatando le sue radici culturali verso una sperimentazione quotidiana non solo pittorica: una vissuta, e percio' profonda, "ricerca interculturale che porta costantemente con sè".
Con gli occhie e le parole di Massimo Majowiecki, ingegnere strutturista:
"Kano scolpisce le proprie tele. Restituendo il 'vuoto' allo sguardo, la sua arte realizza l'equilibrio perfetto tra concretezza della materia ed astrazione concettuale. Sottrae per liberare lo spazio".
Con gli occhi e le parole di Hidehiro Ikegami, docente di storia dell'arte occidentale, Kaisen gakuen University, Tokyo:
"...Però, tra i colori piuttosto italiani, c'è sempre come vero protagonista, il 'vuoto', che accelera la libertà di immaginazione".



 

Tatsunori Kano

"L'Ombra della Musica"

performance live del 16.12.2016

 
 
 
 
Andrea Saltini, Massimo Lagrotteria, Ersilia Sarrecchia:
"InSostenibile Leggerezza"

dal 28.10.2016 al 26.11.2016

Immagini dell'inaugurazione:

Il 28 ottobre si è tenuta l'inaugurazione della mostra intitolata "InSostenibile Leggerezza". L'evento è stato impreziosito dalla presenza di Alessandra Redaelli, giornalista e critico d'arte, che ha curato il testo critico di cui si riportano alcuni estratti:

- su Andrea Saltini - "...Saltini fa il miracolo di ritrovare il senso stesso dell'adolescenza nella sua interezza, qui e ora. E - diciamolo - di quella leggerezza che chi ne è uscito vuole caparbiamente rintracciare, nell'adolescenza reale non c'è traccia. E' oscura, l'adolescenza, spaventata, incerta, maldestra, goffa, entusiasta e disperata, sempre a un passo dal conquistare il mondo e da farcisi annientare, fragile, in bilico. E di questo senso di inadeguatezza l'artista fa un ritratto preciso, duro e delicatissimo, sostanziato in lavori che se al primo sguardo sembrano rasserenarci, già al secondo ci intrappolano per sempre nel dubbio..."

- su Massimo Lagrotteria  - "...E' una pittura di mano e di lavoro, la sua, di materiali sperimentati e stratificati a segnare (realmente e anche metaforicamente) una profonda stratificazione di sensi e di letture. E' olio e bitume, è pennellata grassa, densa, graffiata sulla tela. Il lavoro di Lagrotteria è un ossimoro di per sé. Perchè si tratta di una pittura meditata, costruita in tempi, in pause, stratificata anche nel fare, eppure il momento del gesto - quello del dialogo intimo tra l'artista e l'opera - è un momento di immediatezza e di istinto..."

- su Ersilia Sarrecchia - "...ecco Ersilia Sarrecchia, che parla di leggerezza insostenibile parlando di donne. Anzi, facendo parlare le donne e il loro sguardo. Con un segno preciso e finissimo, l'artista racconta le emozioni affidandole alla sola espressione degli occhi e affiancandole alla figura simbolica della farfalla, animale leggero per antonomasia, ma al contempo essere dal karma pesante, portatore di una trasformazione che è morte e rinascita, passaggio, rito di iniziazione, percorso faticoso verso la completezza. E la bellezza..."

 
 
 
Marino Iotti:
"Partiture"

dal 29.08.2016

I dipinti di Marino Iotti, improntati alla tradizione dell'Informale italiana, sanno suscitare a uno sguardo attento una serie di suggestioniinarrestabili, diventano un incentivo a ritrovare dentro di sè ricordi, impressioni, emozioni a lungo dimenticate.

Le superfici coperte di campi colorati, intersecate da segni graffiti, demarcate da inserti materici, richiamano frammenti di vecchi edifici, di panorami visti dall'alto, di oggetti logorati dal tempo e dall'uso.

 
 
 
stella (Stefania Gagliano):
"Pillole"

dal 29.08.2016

"Considero pillole lavori sul corpo, quel corpo organico composto da tante sostanze chimiche, in precario equilibrio.

Pillole non sono altro che le sostanze che ci compongono, ciò che assumiamo quando ne siamo carenti. Sono una serie di ritratti, alle volte anche autoritratti.

A ognuno la propria pillola."

Ha scritto di lei Francesca Mora:

La bidimensionalità delle opere di stella (Stefania Gagliano) rimanda a metodologie passate del fare artistico: i carboncini su tela ammiccano al buon vecchio "quadro", magari governato da una sana griglia prospettica, utilizzato per rappresentare il mondo che si vede là fuori e che siamo soliti osservare in contemplativo distacco. Tuttavia, non è proprio questo il suo caso. Alcuni espedienti infatti, aggiungono un coefficiente di differenziazione rispetto alle tecniche artistiche tradizionali. In prima istanza le sue opere rifuggono qualsiasi tipo di contenimento: prive di telaio e libere dalla cornice, le tele vengono stese come pelli bovine, inchiodate a parete e mostrate in tuta la loro nudità. Poste in tal modo, la loro superficie si fa epidermide, vittima dell'aggressione violenta dell'artista che, attraverso il carboncino, dilania le figure e le affetta sino a farne uscire i fluidi vitali.

 
 
 
 
Falcone, Santachiara, Boffelli:
"Arene abbandonate" Forme  dell'ordine e del caos.
Curatrice: Maria Teresa Mori

dal 16.09.2016 al 03.10.2016

In occasione del Festival Filosofia 2016

 

Nel lavoro di tre autori, ordini e disordini si affrontano, gareggiano, si conquistano in equilibri mai definitivi.

La serie di fotografie di Giovanni Battista Maria Falcone coglie il disordine della follia, che le mura ortogonali e civili del manicomio si erano illuse di contenere, mentre ricompare nel degrado dell’abbandono, quasi segno incancellabile dell’aspra battaglia che vi ha avuto luogo e che ha intriso anche l’anima dei muri.

A schema ribaltato, l’opera unica in grande formato di Stefano Santachiara mostra un’estesa rovina industriale, preda dell’ordine instabile del tempo: immergendola nel color seppia dell’antiquariato fotografico, l’arte se la accredita, opponendo all’instabilità termodinamica, il proprio ordine sovratemporale.

Solo nei lampi grafici di Cristian Boffelli, dove uomini e animali si fronteggiano e si rincorrono,  la legge del reale compare senza oscillazioni: fa segno alla metamorfosi, il trapasso necessario delle forme l’una nell’altra, l’abbandono come regola della vita.

Giovanni Battista Maria Falcone. Tra i maggiori fotografi siciliani, ha esposto in numerose sedi pubbliche e private. Fra le pubblicazioni si ricordano Sole di Sicilia, Electa, Milano, 1994 a cura di A. C. Quintavalle e The Waste Land, E.M.F. Editore, Palermo 2004, a cura di G. Dorfles, Sullo spazio costretto, E.M.F. Editore, Palermo 2014 a cura di A. C. Quintavalle.

 

Stefano Santachiara. Maestro D'Arte, Architetto, si occupa di immagini fotografiche relazionate all'architettura, alla grafica e all'arte. Sviluppa in collaborazione con alcuni artisti, di diversa formazione, percorsi progettuali legati all'Arte Contemporanea.

 

Cristian Boffelli. Diplomato al Liceo Artistico Statale di Bergamo e poi all’Accademia di Belle Arti di Brera, espone le sue opere a partire dal 1994. Nel 1999 partecipa al “ProjetoNovasImagens”a San Paolo del Brasile; nel 2000 inizia la sua collaborazione presso il laboratorio LPK di Cassano D'Adda, occupandosi dell'attività espressiva delle disabilita.

Maria Teresa Mori. Modenese, si diploma nel 1979 presso l'Accademia di Belle Arti di Bologna. Dal 1980 al 1999 si occupa di ideazione e realizzazione di programmi televisivi, alternando l'attività di artista con esposizioni a Modena, Bologna e Parigi. Attualmente dirige la Galleria ArteSI' di Modena.

Immagine di Giovanni Battista Maria Falcone.

Immagine di Stefano Santachiara.

Immagine di Cristian Boffelli.

 
 
Alberto Zamboni:
"Appare"

dal 10.06.2016

Alberto Zamboni

C'è un mondo immaginario da scoprire e svelare, la luce coglie e avvolge particolari che emergono e appaiono come visioni, sogni.

Uccelli notturni, viaggiatori passeggeri di intrecci di rami, vengono raccontati con toni monocromi.

La notte poi l'alba, infine la luce.

Nella serie intitolata "Deep" si indagano pittoricamente fondali marini dove emergono meduse, pesci e forme non identificate. Sono sovrapposizioni di colori ad acqua che conferiscono una colorazione astratta omogenea alla tela, inizialmente grezza, che viene incollata parzialmente ad un supporto per dare maggiormente un'idea di leggerezza.

I cani sono intravisti e avvolti in un'atmosfera che corrode i contorni e ne sfuma i colori; cani vagabondi, sciolti, liberi nel tempo.

 
 
Lorenzo Guaia:
"(in)fusioni"

dal 13.05.2016 al 29.08.2016

Il tè è la bevanda più diffusa al mondo, con una storia millenaria alle spalle e le cui foglie, e lo stesso infuso, possono essere utilizzati per gli scopi più diversi. L’artista bolognese Lorenzo Guaia lo ha scelto come materia prima delle sue opere. I suoi lavori consistono in tavole di legno quadrate che egli riveste completamente di filtri di tè già utilizzati e quindi consumati, increspati e spiegazzati.

Lungo le pareti della galleria, lavori di piccole dimensioni danno vita a polittici dalle tonalità terrose – dagli ocra, ai verdi, ai marroni – che rimandano alle differenti varietà della bevanda. Alcune opere sono velate in tutto o in parte da uno strato costituito dallo stesso tessuto dei filtri di tè; in altre si scorgono striature di colore rosse o nere; in altre ancora, il supporto costituito dalle bustine diventa un tappeto tattile, morbido, aromatizzato e multicolore sul quale Guaia interviene con raffigurazioni iconiche e stilizzate di bianche tazze da tè.

Queste ultime sono marcate nettamente da grossi contorni neri o rossi e sono rappresentate sia piene e fumanti, sia vuote; capovolte o quasi speculari; sospese e fluttuanti sulla superficie rugosa e, nello stesso tempo, soffice dei filtri per dare vita a ritratti di momenti di vita quotidiani. Infine, sulla parete in fondo allo spazio espositivo, un’opera di grande formato nella quale vediamo un tavolino con appoggiate alcune tazze, due sedie e, in secondo piano, un albero lucido e nero, dalla quale affiora un’atmosfera silenziosa che rinvia a un ricordo e a un momento di riposo legato al piacere del tè.

 
 
Giovanni Battista Maria Falcone
"Sullo spazio costretto"

dal 13.05.2016 al 02.10.2016

Alberto Zamboni

Giovanni Battista Maria Falcone è, tra i grandi fotografi siciliani, uno dei più apprezzati dalla critica.

Basti, fra tutti, ricordare i nomi di Gillo Dorfles e di Arturo C. Quintavalle.

Le sue immagini, sospese e atemporali, desertiche e silenti, uguagliano la densità metafisica dei quadri di Giorgio De Chirico e di Felice Casorati. Delle sue mostre, due hanno segnato in modo ineguagliabile queste sue attitudini: la recentissima The Waste Land,ispirata ai versi di T. S. Eliot, e Dalla Sicilia a Malta.

Se compito dell'immagine è quello di rendere visibile una superficie, secondo la memorabile lezione di Susanne Langer, - i cieli e le architetture di Falcone, rievocano, ancor di più, a rendere visibile persino l'invisibile - come l'etere o il trascolorare di una nuvola, fra tenebre crescenti o in piena luce. 

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